SZIGET FESTIVAL: THE ISLAND OF FREEDOM

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Avrei voluto pubblicare foto, ma anche questa volta le ho perse. Mi limiterò a raccontarvi questa breve storia.

Viaggio strano questo. Dopo mille peripezie finalmente il 5 agosto 2013 riesco ad andare allo Sziget: festival di musica internazionale che ogni anno si tiene sull’isola di Óbudai a Budapest (Ungheria) fin dal lontano 1993. Ospita ogni anno, nei suoi 60 stages, artisti di fama mondiale. Oltre ad intrattenere il pubblico in ogni maniera possibile tra spettacoli circensi, spettacoli artistici, workshop vari, sport, ecc…

Bene questo è l’hanno 2013, il mio viaggio iniziò così…

7.40 del mattino, questo era l’orario in cui avrei dovuto prendere l’aereo da Milano. Visto che non volevo dormire un’altra volta in aeroporto, decisi di optare per il couchsurfing. Per chi non lo sapesse è un modo per farsi ospitare, senza pagare, da persone che offrono: un divano, un posto per la tenda in giardino, un letto, ecc… Una bella iniziativa che da la possibilità alle persone di entrare in comunicazione con i diversi modi di vivere. Solo che a me, mi è capitata la coppia più strana/apprensiva del mondo.

Contattai questo ragazzo di 26 anni sul suddetto sito, era l’unico che a Milano offriva un posto e che abitava vicino la stazione (visto che alle 5.00 a.m. avrei dovuto prendere l’autobus per andare in aeroporto). Praticamente, mi chiese di andare lì il pomeriggio presto, senza darmi ulteriori spiegazioni. Io pensai che forse aveva qualche impegno, e che quindi non mi sarebbe potuto venire a prendere. Insomma, arrivai a Milano nel pomeriggio verso le 18.00 e come da accordi si fece trovare in stazione, era con la sua ragazza (si presentarono, i loro nomi erano: Lorenzo e Michel). Fino a qui? tutto normale! se non fosse che tutto quello che capitò dopo, ricollegato a questi due ”individui” ebbe dell’assurdo.

Mi vennero a prendere e mi portarono a casa loro ad appoggiare le mie cose, dopo di che, mi proposero di andare a fare aperitivo. E anche se non mi andava molto, decisi di andare lo stesso per non essere scortese. Bè, mi andò bene, pagò tutto lui. img_1424Comunque proprio lì, in quel bar, iniziarono le assurdità. La prima fu che praticamente ci fermammo lì dalle 20.00 alle 24.00 (orario in cui tornammo a casa) e in tutto questo tempo dove parlammo un po di tutto, io almeno 3 o 4 volte gli cercai di chiedere cosa facessero della vita, non mi risposero mai sviando il discorso con molta nonchalance. Vabbè lasciamo stare. Tornammo a casa loro e mi accorsi che non è che era grande, di più. Praticamente prendeva tutta la circonferenza di un palazzo. Dentro c’erano sette stanze più la cucina (enorme con l’isola), un salotto e 4 bagni. Tutto arredato con oggetti di design. Pazzesco! Andai a dormire immersa nel lusso più assoluto. L’indomani mi alzai alle 4.00 a.m. per avere il tempo di fare anche la doccia. Mi diressi verso la cucina per lasciargli un bigliettino di ringraziamento, e loro? Erano lì! Lui al pc a lavorare (quello che mi disse) e lei su divano che mi aspettava dopo avermi preparato una colazione da hotel extra lusso. Lei come una vera mamma mi obbligò a mangiare, perché sennò, diceva che mi sarei sentita male e non avrei avuto le forze per affrontare la giornata. Ancora una volta per non offenderli mangiai qualcosa, anche se volevo morire in realtà. Feci bene! Comunque tornando a noi. Li ringraziai di tutto e li salutai… Non era finita lì, seconda cosa strana, mi accompagnarono in aeroporto perché la tizia aveva paura che mi potesse succedere qualcosa a quell’ora in stazione a Milano. Arrivati a Malpensa: parlammo un po’, scherzammo e poi ci salutammo. L’ultima cosa che ci dicemmo fu, quando sarei tornata. Così si sarebbero fatti trovare in stazone centrale per una colazione e un saluto veloce.

Arrivai a Budapest e anche se c’ero già stata, non avevo la più pallida idea di come arrivare allo Sziget. Fortunatamente, l’aereo era pieno di ragazzi che si dividevano tra i due festival che c’erano in quel periodo: Sziget e Ozora. Fatto sta, che incontrai questa strana ragazza che doveva raggiungere i suoi amici arrivati il giorno prima. Fu un pellegrinaggio durato 3 mezzi e costato 1.10 euro, dove questa ragazza, simpaticissima, mi raccontò tutta la sua vita. Arrivate all’entrata dello Sziget sparisce nel nulla… bhò…

Riuscita a reperire i miei braccialetti sparsi per tutto il festival, in quanto io reporter, cercai il campeggio italiano senza avere successo. Decisi così di accamparmi prima con i belga, per poi spostarmi tra gli amanti di Elvis (perché dovete sapere che si creano gruppi dello stesso stato o di stessi fan che si accampano tutti insieme e mettono una bandiera identificativa). Extra Sziget imageEd è proprio lì, con i fan di Elvis che trovai 2 buon samaritani, di origine olandese, che mi accompagnarono nel campeggio italiano. Finalmente a casa, mi resi conto di non aver portato la tenda. Così scoprii anche che c’era un supermercato dalle strane cabine di sicurezza lì vicino. Tornata al campeggio, piazzai la mia tenda in mezzo a centinaia di migliaia di altre tende. Feci un giro, parlai con un po di persone, e mi ritrovai arruolata ad un esercito bizzarro per caso. Erano dei ragazzi dell’est vestiti in mimetica che prima mi misero un cappello militare in testa, e poi cercarono di parlarmi nella loro lingua. Finì ridendo davanti a dei bicchieri di birra e del pollo, non capii mai niente di quello che dissero però ridemmo tanto. Stanca morta me ne andai a dormire abbastanza presto quella sera. Il caso volle! che mi trovai all’improvviso dei vicini francesi scassa coglioni. Mi entrarono in tenda chiedsziget-festival_21809endomi di uscire, perché volevano offrirmi della birra (per i rapporti di buon vicinato -.-‘’). La mattina seguente alle 6.00 a.m. già in piedi, passeggiando tra le strade desertiche del festival, scrutai uno strano individuo. Era un ragazzo che vagava senza meta. Mi si avvicinò e parlammo per mezz’ora in inglese non capendoci. Dopo scoprii che era italiano. Feci un giro insieme a lui perché insistette per farmi vedere le architetture, poi chiedemmo ospitalità in una tenda altrui e ci fermammo a dormire per un po lì.. Ce ne andammo u’oretta dopo, e boh! Si levò i pantaloni in mezzo alla strada e mi chiese se volevo, SOLO, andare a dormire con lui. Ovviamente dissi di no, e le nostre strade si divisero. Continuarono a succedere cose divertenti/assurde, fino a che non giunse la data in cui dovetti tornare in Italia.

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Faccio un premessa, durante la durata del festival mi sentii per e-mail con i 2 tizi del couchsurfing, che ogni tanto mi chiedevano come andava. Insomma atterrai a Malpensa e presa da un’adrenalina misto paura iniziai a correre verso il pullman in partenza, che mi avrebbe portato in stazione centrale. Quando ad un tratto sentii pronunciare il mio nome in vano. La fonetica risuonò nelle mie orecchie come se mi avessero presentato alla notte degli oscar. Non sapevo se provare inquietudine o felicità alla vista di Lorenzo e Michel. Subito il mio cervello cominciò a creare degli strani disegni astratti senza senso e mi chiesi con incessante ripetizione:-‘’Ma che cazz…??’’ …. Mi erano venuti a prendere in aeroporto, si trovavano da quelle parti dissero. Ora! Su che ci facessero nei dintorni di Malpensa, alle 9 del mattino, non mi e stato mai dato saperlo. Comunque mi portarono in stazione, facemmo la così detta colazione, gli raccontai cosa avevo fatto e li salutai con un abbraccio.

Gli scrissi due giorni dopo, perché sarei dovuta tornare a Milano per un lavoro, non ricevetti mai più risposta. Spariti nel nulla, come se non fossero mai esistiti.

Il parere di una mia amica? -‘’secondo me hai beccato due ricchi annoiati che non possono avere figli, quindi ti hanno adottata per quei giorni e poi ti hanno dimenticata rimpiazzandoti con un’altra persona’’. Forse aveva ragione o forse no! Però fu bello e inquietante allo stesso momento. Sono felice di averli conosciuti.

Ora è l’1:52 a.m. del 17 agosto 2013 non riesco a dormire  proprio ora mi è venuta la nostalgia….

Ricordo emozioni vissute in uno dei migliori festival europei, ondate di persone che arrivavano dal nulla di corsa, io ”abusiva” in corsia fotografi a neanche 10 cm da Skin che camminava sulle persone, i mega schermi, l’assurda discussione con Regina Spektor, le persone ubriache, la tipa che mi chiedeva di farla passare, il vomito, l’acqua, i matti, persone vestite da animali dello zoo, alcol a fiumi, gente persa, gente trovata, amici del momento, le orecchiette pugliesi, i ragazzi impezzati, la tenda dai sconosciuti personaggi, forse il divano più grande del mondo, i francesi scassa palle (amici miei), gli amanti di Elvis, Marco Polo e Adolf Hitler, i bagni più osceni mai visti in vita mia, i bizzarri militari, l’intervista a cazzo, gli aperitivi Vip…. Bei ricordi…

(ps: se volete leggere il mio articoli sullo Sziget visitate i miei link: SZIGET FESTIVAL Dieci istruzioni per l’uso,

SZIGET FESTIVAL: cronache dall’Isola della Libertà)

Le Duchesse Di Caserta

reggia_di_caserta_0_9Questa non si può definire una vera e propria vacanza all’avventura come la intendo io, ma un’avventura lo è stata lo stesso.

19/07/2013 ore 6:00 del mattino:

2 settimane prima mi chiama la mia amica, Giulia, che avevo visto una sola volta nella mia vita. Giulia è un’attrice, fotografa e web designer. Oltre ad essere molto estroversa, con lei capita spesso di fare conversazioni ‘’filmiche’’ nel senso che sembra proprio di stare in un film mentre lei recita (un po come centovetrine). Insomma mi chiamò dicendomi se volessi andare con lei una settimana a Caserta per andare a trovare dei suoi amici (non voleva partire sola). Così dopo qualche conteggio di money e date (avevo in programma altri viaggi sia di lavoro che di piacere, oltre la Danimarca) decisi di dirgli di sì. Tornata dalla Danimarca 2 giorni prima, senza aver dormito più di 3 ore di seguito, prendemmo il fantastico treno Italo alle 6 del mattino scontato del 300% che ci fece arrivare a Napoli in tempi record alla modica somma di 30 euro compreso il ritorno. Appena arrivate a Napoli, spaesatissime e sommerse dalla folla cercammo di trovare un informazione vitale per il nostro viaggio, chiedendoci: ‘’Dove cavolo si prende il treno per Caserta?’’. A quanto pare un treno speciale dato dove si trovava (aveva altri 2 treni dietro, strano!… mai vista una cosa simile in anni che viaggio). Comprammo il biglietto e mentre corremmo come delle forsennate per non perderlo e non aspettare altre 2 ore, ci rendemmo conto che non avevamo convalidato e che lì la macchinetta non c’era. 2 ragazze incontrammo sulla nostra via, ci dissero che bastava scrivere dietro ora e data e che andava bene lo stesso. Così lo facemmo. Inutile dire che salì il controllore. Ci chiese il biglietto e  poi si arrabbiò per il fatto che non avevamo convalidato e che dovevamo dirglielo subito. Sintesi: voleva farci una multa di 80 euro a testa. Al che cercammo di spiegare la situazione come delle disperate mentre gli altri passeggeri del vagone si facevano 2 risate. ‘’Che cavolo ridono?’’ ci domandammo. Vabbè tra un tira e molla alla fine il controllore ci disse che doveva farci la multa, ma lì eravamo a Napoli quindi non ce l’avrebbe fatta. A quel punto capimmo tutto, e ancora con l’infarto in corso ci facemmo 2 risate anche noi (ps: il controllore, ovviamente, ci prese per il culo  tutto il tempo, anche dopo scese dal treno -.-‘’). Sempre mentre eravamo nel nostro vagone, la mia amica lesse per caso. durante una fermata, la parola ‘’rione’’ su piazza vanvitelliun muretto. Al che mi chiese:-‘’cos’è un rione?’’ e un’altra parola in napoletano, ammetto che non seppi rispondere. Ma a quanto pare non ce n’era bisogno, tutta la gente del vagone rispose al posto mio anche quelli seduti a chilometri di distanza (fu bellissimo ahhahahha). Sbarcate a Caserta ‘’dov’è l’hotel?’’, ‘’vicino la stazione’’ rispose Giulia. Dell’hotel non c’era proprio traccia. Riassumendo: aveva confuso i nomi e aveva prenotato l’hotel sbagliato a 3 paesi di distanza da Caserta. Non so perché, ma non fu così tragico finché non salimmo su sto pullman che saliva, saliva, saliva tra stradine isolate e strette, non si fermava mai. Quando scendemmo avremmo voluto essere sconvolte ma eravamo troppo stanche. Andammo in hotel (tra l’altro bellissimo e con persone cordiali e gentili) prendemmo le chiavi della stanza e andammo subito a dormire. Dormimmo per ore, ci svegliammo alle 7 di sera e andammo in centro con un autobus dove l’autista guidava con una gamba fuori dal finestrino (lì la guida è free). Arrivate a Caserta, decidemmo di cenare in un ristorante suggerito dagli amici di Giulia chiamato ‘’Las Vegas’’. Così, non sapendo dove si trovasse, cercammo qualcuno per chiedere info. Incontrammo 2 vecchietti e la mia amica prontamente, con accento milanese, gli chiese: ‘’scusate sapete dov’è il ristorante Las Vegas?’’, i vecchietti risposero con accento napoletano:’’no, no noi non parliamo la tua lingua’’. Appena ci allontanammo un po inutile dire che scoppiammo a ridere, fu un’esperienza straordinaria. Va beh continuando a camminare alla fine lo trovammo da noi. Finito di mangiare ci raggiunsero gli amici di Giulia, stemmo con loro quasi tutta la notte e poi ci riaccompagnarono in macchina in hotel. Il giorno dopo, ci svegliammo nel pomeriggio e affamate chiedemmo alla reception se ci fosse un alimentari li vicino. Fortunatamente c’era. La signora dell’alimentari era molto cordiale e gentile, ci preparò panini e pizza per tutta la nostra permanenza in quell’hotel. Fu la nostra salvezza. I giorni seguenti li passammo più o meno allo stesso modo ma con l’unica variazione che i giorni seguenti, dopo che alcune persone del posto ci rassicurarono dicendoci che 2 giorni prima avevano sparato a un ‘’kebabbaro’’ per un po di ketchup al centro di Caserta e che c’era gente che scippava, felici e tranquille risalivamo la strada per il nostro hotel alle 4 del mattino. Attraversando, ripeto, ben 3 paesini tutti in salita con i ranger (guardate, non so proprio il perché, vi prego non fatemi domande a riguardo) che ogni tanto passavano allegramente nella loro autovettura bianca e verde. Vabbè devo dire che però la gente era molto accogliente e cordiale, rassicurante un po meno. Si mangia benissimo, i prezzi sono bassissimi, i locali volendo ci sono (soltanto che a parer della old school non sono raccomandabili). Ci sono anche molti monumenti per la città tra cui la famosissima Reggia che noi, ovviamente, non abbiamo visitato anche se ve lo consiglio (è enorme, prende metà Caserta e vengono da tutto il mondo per vederla). Così si concluse la nostra vacanza. Abbandonai la mia amica sul treno scendendo a Roma per poi tornare nel mio amato Abruzzo a mangiare arrosticini.

DANIMARCA: L’ALBA DEI VICHINGHI!

Seguite l’impulso del momento (senza programmare nulla, nel giro di otto ore) e salite su un aereo o fate il pieno alla macchina e partite. La meta non ha importanza. L’obiettivo è VIAGGIARE con poco bagaglio, stendere le ali e mettere alla prova la vostra capacità di mollare tutto. Lanciarsi istintivamente in un’avventura e allontanarsi per un po’ dalla propria vita è una sensazione straordinaria di libertà. (Lynn Gordon)

Il viaggio, non cominciò proprio nel migliore dei modi. Io e un amico ci mettemmo d’accordo per partire insieme e fare tutta la Danimarca zaino in spalla, senza prenotare niente. Lui, purtroppo, ebbe dei problemi e io mi ritrovai in aeroporto a Milano da sola. Il viaggio lo scelse lui e sempre lui si informò del posto. Quindi io mi ritrovai lì che, quasi quasi, non sapevo neanche che c’era una moneta diversa. Dormii in aeroporto, dove conobbi dei ragazzi che stavano andando ad un festival vicino Copenaghen: Roskilde si chiamava. Ero un po titubante se partire all’inizio, non è che la Danimarca mi avesse mai attirata, però, loro furono talmente convincenti che alla fine accettai il loro consiglio e partii lo stesso. Passammo quasi tutta la notte a parlare, per poi addormentarci nel wc dei disabili per non essere disturbati, visto che le panchine erano tutte occupate. Ci perdemmo di vista subito dopo essere saliti in aereo.

Atterrata in Danimarca ci misi 2 ore e mezza, vere, a capire come riuscire ad arrivare in centro città. Alla fine scoprii che c’era un treno sotterraneo -.-‘’.

Arrivai in stazione centrale all’incirca alle 10,00, ora di inizio della mia avventura. Mi ritrovai che non sapevo dove dormire, dove andare, ne cosa fare, visto che non avevo internet. Al che iniziò il mio pellegrinaggio per tutta Copenaghen alla ricerca di un’ostello. Strani personaggi incontrai lungo il cammino: un ragazzo svedese con la sua ragazza a cui chiesi delle informazioni, dove potevo trovare un’ostello appunto, e che mi offrì un’hot dog, boh… Camminai per altri 2 km almeno, e fermai un tipo che alla fine mi rimandò indietro. Stremata tornai in stazione dove mi sedetti su una panchina. Qui, disperata, incontrai due signori anziani danesi alternativi, anche loro in vacanza nella capitale. Mi raccontarono di essere andati in viaggio di nozze a Roma. Lì appresero da una strana canzone solo due parole italiane, ‘’bella bimba’’, che mi ripeterono per 2 ore tutti felici (che carini *.*). Mi regalarono la loro mappa, e mi consigliarono il loro ostello che era abbastanza economico e che si trovava proprio lì in centro. Inutile dire che feci su e giù per tre ore, senza trovare niente, per poi imbattermi in una tizia che stava sponsorizzando un ristorante. Approfittandone gli chiesi le indicazioni che tanto cercavo. Fu il momento più bello della mia vita quando scoprii che era spagnola, e tutto sembrò più facile! Mi mandò in un punto informazioni proprio lì di fronte, dove sulla mappa mi tracciarono il percorso con la penna.

Ripartii alla ricerca del mio letto per la notte… Non andò a buon fine ovviamente, perché mi resi conto di non saper leggere le scritte danesi. La tizia del ristorante vedendomi passare più volte disorientata, si offrì di darmi una mano. Mi indicò lei la strada. Era sempre dritta. E non solo! La parola ‘’HOSTEL’’ era scritta a caratteri cubitali su un cartellone -.-‘’ . In quel momento preciso compresi, o meglio mi si palesò davanti la certezza, che sono totalmente rincoglionita. Morale della storia arrivai in ostello quasi alle 10 di sera.

Mi resi conto di aver fatto bene a seguire il consiglio dei due vecchietti, non solo perché c’era la zona barbecue, ma anche perché lì si poteva fare colazione dalla mattina alla sera. L’ostello si chiamava ‘’City Public Hostel’’ e come simbolo all’entrata c’era una statua di un tizio che suona la chitarra. Stetti lì a discutere con il tipo dell’ostello per un po’, prima che accettasse di tenermi lì per 2 settimane. Ma ce la feci, e mi ritrovai in stanza con altre 66 persone!

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La prima sera fu tranquilla, mi misi sul divano della zona comune a scrutare la situazione. La tranquillità regnava, e io mi sentivo stranamente a casa nonostante non conoscessi nessuno. Non si poté dire lo stesso della mattina seguente. Il mio vicino di letto cinese, alle 7.30 a.m., inizio a saltellare ovunque come una rana in preda impazzita, disturbando il mio sonno principesco. Dirigendomi verso il bagno, incazzata, cercai di trovare spiegazione a tale comportamento. Credo che il primo pensiero che mi venne in mente, fu che fosse un ninja in pensione nonostante la sua tenera età, e che sentiva il bisogno impellente di sfogare i suoi istinti. Stavo già pensando al modo migliore di offenderlo al mio rientro in stanza, quando, entrata in bagno mi accorsi che non c’era un’anima (ps: il bagno era in comune). Subito il mio volto si illuminò del primo raggio di sole della giornata, mentre gli angeli cantavano soavi canti gregoriani. Non potevo crederci!!! i bagni e le docce erano tutti miei. Non offesi mai il mio vicino cinese con cui non riuscivo a parlare ma a esprimermi solo a gesti, e così gli offrii uno dei miei twix quella notte stessa prima di andare a dormire.

Finitomi di preparare senza orari e senza regole, con l’intento di vedere la città e magari comprare qualcosa da mangiare, mi diressi verso il centro. Feci un bel giro. Incontrai, stranamente, dei sosia internazionali di gente che conoscevo. Strano ma bello. Girai a caso quasi tutto il giorno. Lungo la strada, vidi molti artisti che si cimentavano nelle loro discipline raccogliendo qualche moneta. In seguito scoprii, parlando con loro, che proprio così finanziavano il loro viaggio, vivendo alla giornata. Ovviamente mi persi un’altra volta. Però questa volta, la strada la ritrovai sola.

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Arrivata di nuovo in ostello, presi un caffè e mi sedetti su uno dei divani della zona comune. Lì, incontrai uno di quelli che avrebbe fatto parte della mia famiglia di Copenaghen. Morgan Freeman, o meglio, un signore che ci somigliava in maniera incredibile. Infatti nell’ostello, lo chiamavano tutti Mr Freeman. Non vi dirò il suo vero nome, in seguito scoprirete il perché. Era una persona davvero interessante, era bellissimo parlare con lui. Mi ha raccontato tantissime cose e mi ha dato un sacco di consigli utilissimi. Mangiava solo roba confezionata ed io da brava italiana, quando cucinavo, facevo da mangiare anche per lui. In cambio, mi offriva sempre la colazione. Era davvero una persona fantastica, sembrava il classico americano da film filosofico. Con lui era come vivere in un film appunto. Aveva una storia abbastanza bizzarra alle spalle, degna dei migliori film di spionaggio. Ora non sto qui a raccontarvi tutti i particolari anche perché sono suoi privati (vi lascio all’immaginazione), ma qualcuno lo inseguiva. Infatti, come mi aveva già annunciato, l’ostello ad un tratto si riempì di americani di tutte le età. Fu una vera e propria invasione. Strano, in un ostello di soli giovani! Io non so quanto vera potesse essere la sua storia, però fatto sta, che in sua presenza succedevano cose strane. Tipo, la signora che lo seguiva ovunque. Lo accompagnavo a fare la spesa e la signora era a fare la spesa, stavamo in giardino e la signora era in giardino. Oppure come la volta che io lui e altri 3 ragazzi andammo in un vecchio museo del cinema, dove c’eravamo solo noi, e lei era lì, bho… Addirittura, quando si avvicinò il momento della mia partenza, arrivò ad offrirmi 1000$ americani per non lasciarlo solo. Il giorno in cui sarei dovuta andare via, sparì nel nulla, lasciando le sue cose nel mio armadietto. Non avrei più saputo cosa gli successe, però gli volevo bene. Mi mancherà!

La seconda persona che conobbi, era un marocchino/svedese. Si chiamava Hishamh, un vero e proprio personaggio. Di faccia sembrava un delinquente, però nella realtà era molto simpatico. Infatti mi portò a fare il giro turistico di Copenaghen, compresa la fantastica ‘’Christiania’’,  dove è severamente vietato fare foto. Se ci siete già stati o ci andrete saprete il perché. Vi dico solo che è una sottospecie di Amsterdam recintata all’interno della città, dove vivono degli hippie, veramente fantastica. Lì, infatti, organizzano feste e anche concerti. Non vi lasciate intimidire all’entrata, perché non ce n’è bisogno. E’ frequentato anche da famiglie, ma soprattutto la gente è molto cordiale e gentile. All’interno è tutto esclusivamente biologico, e girando si possono vedere i tipici scenari alla ‘’Alice in Wonderland’’. Cioè sembra un mondo immaginario. ci sono: case sugli alberi, altalene fatte a mano con pneumatici e non, scalette fissate sui tronchi, corde con rulli per buttarsi nel fiume, persone che che vivono lì che passano offrendoti torte ecc.. il tutto costernato da una cornice naturalistica di tipo forestale. Una vera e propria favola.

La terza, la quarta, la quinta, la sesta, la settima e l’ottava persona li conobbi tutti insieme una mattina. Andai in giardino, e sentendomi parlare italiano, queste persone mi offrirono la colazione. Erano: 2 italiani, una tedesca, un greco e 2/3 brasiliani. La ragazza italiana, era forse la persona più strana e divertente che io abbia mai incontrato. Infatti, era lì in Danimarca in vacanza con la sua amica tedesca dopo essersi fatta un mese di volontariato in Marocco perché studiava in Inghilterra materie umanistiche. Era molto stile hippie, rideva sempre, ed era molto carismatica. Poi ci sono i due/tre brasiliani, che erano a Copenaghen per studio, credo, e con cui facevo un po di fatica a comunicare all’inizio. Dopo siamo diventati ‘’amiconi’’, e addirittura sentendoci ancora adesso, mi invitano sempre ad andare a trovarli in Brasile. L’altro italiano invece, lavorava come cuoco. Anche lui molto cordiale e gentile, ogni tanto ci cucinava dei piatti fantastici. Poi c’era il greco, molto amico dell’italiano. Si erano conosciuti in quell’ostello ed erano sempre insieme. Anche lui era a Copenaghen per lavoro, prima faceva il militare. Più precisamente lo sniper. Non amava raccontare la sua storia perché diceva sempre che era triste. Però davvero una brava persona, infatti, quando mi venne la febbre mi regalò la sua felpa perché io non portai niente di pesante credendo che la Danimarca avesse lo stesso clima che c’era in Italia, ovvero 45°… ma lasciamo perdere!

In fine, tra la family (no quella di Charles Manson), c’era anche un serbo che devo ammettere di non aver mai visto mangiare, ma solo bere birra. In compenso cucinava sempre per gli altri. Mi ha anche fatto il bordino quando sono stata male per 3 giorni.

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Ma non sono gli unici personaggi che ho conosciuto, infatti tra questi descritti che si sono fermati per un tempo maggiore. Spiccano anche personaggi di passaggio come: un rumeno super simpatico, un messicano che studiava a Torino e parlava italiano meglio di me, un africano che non si sa come sapeva la mia lingua, un arabo che sembrava essere un uomo d’affari milionario, due belgi bellissimi che avrei voluto sposare, uno svizzero di origine siciliana che parlava 5 lingue, due ragazze svedesi hippie che masticavano una strana cosa fatta di tabacco, un giapponese che oltre a fare ogni mattina meditazione con le sfere e le spade offriva anche il the, due inglesi che volevano imparare l’italiano, un tizio che si voleva suicidare creando un tumulto mediatico (infatti rifiutò la mia offerta di sparargli dietro un vicolo) e una ragazza svedese anche lei hippie di 18 anni che stava facendo la cosa più bella in assoluto. Stava girando il mondo con un ‘’Round The World Ticket’’. Ovvero un biglietto aereo che ti consente di passare da una parte all’altra dell’emisfero pagando una cifra fissa che varia a seconda del paese di partenza, e al numero di continenti che vuoi visitare. Avendo più o meno un prezzo che si aggira dai 2000 per un continente ai 3500 euro per 5 continenti (ovviamente va anche a fascia, i prezzi variano), avevi la possibilità di scoprire nuovi mondi. E lei lo stava facendo. Infatti mi raccontò che in Svezia è molto comune prendersi un anno sabbatico per fare questi viaggi e capire cosa si vuole fare nel futuro. Una sorta di interrail mondiale. Dopo aver girato quasi tutta l’europa, dopo Copenaghen la meta era il Giappone, la Thailandia, l’Australia, la Polinesia Francese e via dicendo. Teneva una sorta di diario su facebook che io ho seguito molto volentieri.

Ma non è finita qui. Un giorno accompagnando un mio amico, dell’ostello, in stazione perché doveva andare a Malmö, decisi anche io di prendere il treno. Ovviamente, scesi in una stazione a caso, dove scesero un sacco di persone, lasciandomi il treno alle spalle. Lo scenario si presentava desertico, ma io non persi le speranze e iniziai a vagare a vuoto alla ricerca di civiltà. Bene, trovai solo campi di grano davanti a me, e ovviamente mi persi. In preda al panico non riuscivo a trovare più la stazione, e la notte stava scendendo. Così presi la decisione più tragica della mia vita, fermarmi sotto una struttura di cemento e dormire lì (non riuscii a chiudere occhio). Passai tutta la notte non solo al gelo ma anche in preda al pensiero che un serial killer, che sarebbe diventato famoso qualche tempo dopo per i suoi omicidi ed io con lui, potesse trovarmi e uccidermi in maniera poco gentile. Meno male che non successe niente quella notte, a parte l’attraversamento tra il 2° e il 3° grado di ipotermia che mi fece rischiare la perdita delle dita. Insomma, mentre recuperavo l’attività motorie, la mattina seguente, vidi passare due bei ‘’giovincelli’’ a petto nudo e con della legna in mano. Mi avvicinai a loro con gli occhi pieni di felicità, e gli chiesi se sapevano dov’era la stazione. Loro, dopo avergli raccontato la mia storia, ridendo mi dissero se volevo andare in un campo con loro, che stavano organizzando una festa, e poi l’indomani mi avrebbero accompagnata dove volevo. Ovviamente, avendo già rischiato la vita una volta, accettai e li seguii. Quello che vidi fu semplicemente fantastico… Erano dei nomadi, e con i loro compagni, avevano creato una sottospecie di campo dove si fermarono per un po: c’erano tende, tavoli costruiti in legno, divani fatti con l’erba, ecc… Semplicemente fantastico. Ecco, qui appena arrivai, mi trascinarono a mangiare e mi dissero subito che avrei potuto dormire dove volevo e che quella era anche casa mia. Lì aiutai a preparare tutto per la festa, e quella notte fu incredibile. Sembrava un sogno, tutti si volevano bene e tutti erano disponibili con il prossimo. C’erano dei bambini che danzavano attorno al fuoco, cibo, bevande, musica, tutto. Il tempo sembrava rallentato e la musica ovattata, non so spiegarvi la gioia. Mi ricordò per qualche momento la Spagna. Andammo avanti così, quasi per tutta la notte, per poi andare a vedere le stelle e il sole sorgere in una valle li vicino. Non mi fermai solo quella notte come avevo calcolato, ma mi fermai per altri 2 giorni. Giunto il momento in cui loro dovevano rimettersi in cammino mi chiesero se volevo unirmi a loro, risposi che non potevo, ma dentro di me sarei voluta andare. Loro mi dissero che sarei rimasta di famiglia e che se li avessi rincontrati sarei stata la benvenuta. Così tre ‘’baldi’’ giovani mi riaccompagnarono al treno, e tornai nel mio fantastico ostello di Copenaghen.

La vacanza prosegui e successero mille altre cose. Alla fine, mi ritrovai con un ragazzo italiano in aeroporto che conobbi qualche giorno prima. Lì, proprio in aeroporto, conoscemmo un’altra ragazza italiana che ci raccontò la sua storia. Purtroppo, essendo io ancora dotata di etica, non ve la racconterò perché molto personale diciamo. Atterrata a Milano all’incirca per mezza notte, iniziai a correre come una forsennata per raggiungere la navetta e in seguito riuscire a prendere l’ultimo autobus per Bologna. Meno male, che l’autista della navetta fu tanto gentile da spiegarmi come realmente potevo arrivare alla rimessa dei bus chiamandomi anche il taxi. Se non ci fosse stato lui, probabilmente starei ancora vagando per Milano. Arrivai all’autostazione, e aspettai tipo 10 minuti prima che passasse il primo autobus. Con mia grande sorpresa, ovviamente, non avevano la macchinetta per pagare con il bancomat ed io non avevo contanti in euro. L’autista, così, ben pensò di NON farmi salire, e di lasciarmi lì nelle rimessa da sola alle 24.30 lontano dalla civiltà e con un gruppo di stranieri (tutti uomini) che stavano litigando a toni alti e lanciando bottiglie di vetro. Meno male che c’era un’altro autista, con cui avevo litigato (tra l’altro mio conterraneo), che ha deciso di caricarmi lo stesso. Decise di farmi pagare fermandosi davanti ad un bancomat, mentre eravamo ancora in viaggio, per farmi prelevare. Passammo metà del viaggio a parlare, e mentre io gli raccontavo la mia esperienza tra le loro mille domande, scoprimmo in realtà di starci simpatici. Giunto il momento di salutarci mi augurarono buona fortuna per tutto e io feci lo stesso!

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Portogallo: l’Avventura, La Ricerca e La Vita!

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Vi racconto la mia storia dall’inizio.
Avevo 16 anni quando il mio ragazzo mi portò ad una festa a casa di suoi amici. Qui conobbi quella che sarebbe stata la mia mentore: Lily (Liliana), una ragazza di 21 anni un po’ pazza (in senso buono), che per vivere faceva reportage di viaggio per alcune riviste e blog.
Per tutta la serata, tra un bicchiere ed un altro, mi raccontò le sue avventure a spasso per il mondo. Ero così affascinata dalle sue storie che le chiesi se avrebbe potuto portarmi con lei la volta successiva. Mi rispose di sì, ma era talmente ubriaca che non credetti che parlasse seriamente.

Quattro giorni dopo ricevetti una telefonata da un numero sconosciuto. Era Lily. Mi chiamava per chiedermi se volevo andare con lei in Portogallo, dove avrebbe dovuto fare un reportage sui viaggiatori zaino in spalla.
Da qui, tra un permesso ed un altro, in quanto io minorenne, cominciò la nostra strana avventura.
Il viaggio iniziò nel migliore dei modi: Lily ebbe infatti la fantastica idea di non farsi prenotare dall’agenzia né treni, né hotel, né itinerari, dicendo che avrebbe fatto tutto da sola. Ovviamente non lo fece. Prendemmo l’aereo da Milano e arrivammo a Lisbona di mattina, intorno alle 10.45. Usciti dall’aeroporto salimmo su un pullman a caso, dove Lily, che aveva dimenticato le cuffie, per far sentire tutta la sua italianità, mise dal cellulare la canzone di Nino D’angelo “Senza giacca e cravatta”.

Per un attimo credetti che ci avrebbero ucciso, ma al contrario la gente sembrò apprezzare. E’ così! Sulle note della musica neomelodica italiana, che ci accompagnò per questa prima tratta, conoscemmo Renee, una ragazza francese che stava raggiungendo il suo ragazzo a Loures. Essendo senza meta alcuna, decidemmo di unirci a lei.

Non ricordo bene dove scendemmo precisamente, ma ricordo che camminammo parecchio per arrivare a destinazione. Durante il nostro incontro, Renee ci raccontò della sua vita: era una ballerina dell’Opera National di Parigi. Per realizzare il suo sogno aveva dovuto lasciare la famiglia, alla quale era molto legata, ma ciò gli aveva permesso di conoscere Manuel, cameriere in un ristorante lì vicino, con cui aveva intrapreso una relazione. Purtroppo, lui era dovuto tornare in Portogallo. Ma Renee, non riuscendo a vivere senza di lui, aveva deciso di raggiungerlo.
Voleva chiedergli di sposarla e di convivere con lei a Parigi.
Non sapemmo mai come andò a finire questa storia, perché Renee ci lasciò davanti una fontana con questa frase: “Sognate, e inseguite i vostri sogni. È così che si da un senso alla vita!”.

Gli augurammo tutte le fortune di questo mondo e ce ne andammo per la nostra strada.
Quella notte ci fermammo in un hotel, si chiamava Casa Portoghese. E lo sembrava davvero.
Qui, a cena, conoscemmo una bislacca signora spagnola, Amanda. Era in viaggio perchè suo marito, morto da poco, le aveva lasciato una grande eredità, e poiché le aveva sempre vietato di viaggiare, lei, alla veneranda età di 82 anni, aveva deciso di essere libera. Non ci intrattenemmo molto a parlare con lei, ma si percepiva un’atmosfera familiare in sua compagnia.

Il giorno dopo ripartimmo. Dopo aver camminato per un po’ e dopo aver preso un autobus e un treno, sempre a caso, ci ritrovammo a campeggiare a San Pedro de Moel, una località marittima.
Il campeggio non era un vero e proprio campeggio: era una struttura dotata di bungalow, molto carina e con gente cordiale. C’era anche un bar, dove andammo spesso durante i tre giorni in cui rimanemmo.
Anche qui conoscemmo delle persone: erano un gruppo di ragazzi hippie che vagavano con un camper. Due di loro ci chiesero di unirci e noi ovviamente accettammo. Erano diretti a Porto.
Non ci sarebbe voluto molto ad arrivare, ma noi impiegammo due giorni: ci fermammo un sacco di volte, una delle quali per campeggiare abusivamente sulla spiaggia, per vivere quella sensazione di spensieratezza.
Arrivammo a Porto e la prima cosa che facemmo fu andare a fare un pic-nic ai giardini del Palacio de cristal (fantastici *.*). Dopo ci spostammo fino alla torre dos clerigose, dove partì la sfida dei 240 scalini. Inutile dire che ha mietuto vittime XD. Arrivati in cima, stroncati dalle circostanze, bevemmo una Super Bock per inaugurare una nuova tradizione e rimetterci in forze.
Prima di cena facemmo tappa in una caffetteria, a quanto pare famosa, chiamata caffè d’oro. Vi si respirava una strana aria retrò. Andammo poi in un locale con musica dal vivo, dove la mia amica Lily appezzò una chiacchierata infinita con dei musicisti.
Dopo la serata vennero con noi sul tetto del camper a guardare le stelle e sulle note di Sweet home Alabama (avevamo parlato della route 66 e per questo motivo ci era venuta in mente quella canzone) ci addormentammo tutti insieme appassionatamente.

Il giorno seguente, dopo aver fatto colazione con un caffè americano e dei biscotti di gelatina (non saprei sinceramente come descriverli), salutammo i nostri nuovi amici e andammo tutti allegramente nel posto, a mio avviso, più bello della città: la libreria lello. Semplicemente fantastica! È come stare in un film, davvero magica, ve la consiglio.
Dopo un altro giro della città ripartimmo e andammo prima a Vila real, per poi accamparci con le tende vicino a Viseu. Qui, non so perchè, i nostri amici, dopo averci detto che ci saremmo visti il giorno dopo, sparirono. Bho! Camminammo fino a Viseu.
Nel tragitto conoscemmo Giorgio, un soldato italiano che aveva fatto il cammino di Santiago e che si era fermato in Portogallo per visitarlo meglio. Parlammo per ore: ci raccontò quasi tutto della sua vita, della famiglia che stava creando con la sua ragazza e del fatto che aveva fatto il cammino di Santiago per capire cosa fare del suo futuro lavorativo.

Ce ne andammo anche da Viseu. Prendemmo un autobus, scendemmo ancora una volta a caso e camminammo, camminammo, camminammo ancora, fino a perderci in mezzo a dei campi. Non c’era niente, solo una strada deserta. Non passava una macchina.

Dopo 2 giorni la mia speranza di sopravvivere stava morendo, quando finalmente passò un ragazzo con un furgone, che ci caricò e ci portò in un paesino. Non sapemmo mai il nome di quel paesino. Comunque, fatto il punto del viaggio, ci ricordammo che avevamo l’aereo dopo 2 giorni e non solo non avevamo idea di dove ci trovassimo, ma oltre tutto non c’erano mezzi di trasporto.
Così Lily, per nulla sconfortata, disse: ”Chi se ne frega, andiamo a bere, divertiamoci”. Questa fu la mia faccia -.-”. Vabbè andammo!
C’era una sottospecie di pub dove, con nostra grande sorpresa, incontrammo i nostri amici musicisti che stavano suonando. Parlammo per un po’ e gli raccontammo che non sapevamo come tornare a Lisbona. Loro, a quel punto, ci dissero che stavano andando anche loro perché dovevano andare a Roma per dei concerti.
Così ci dettero un passaggio con il loro furgone adibito a camera da letto. Suonarono per tutto il viaggio (li avrei uccisi a una certa). All’aeroporto di Lisbona stettero un po’ con noi, mangiammo qualcosa e poi li salutammo.

Tornate in Italia, stemmo a casa di Lily insieme a 2 amici, tutto il pomeriggio e tutta la notte a ridere e ricordare tutta la gente conosciuta e tutte le cose accadute (ovviamente, non le ho messe tutte, sarebbero state troppe).
L’indomani decisi di tornare a casa mia. Quando uscii da casa di Lily, lei mi disse: “Ci sentiamo! Chiamami”. In quello stesso momento ebbi come la sensazione che non l’avrei più rivista. Infatti fu così, non la rividi più.
Lily è sempre stata e sempre sarà uno spirito libero. Mentre camminavo per la mia via ripensavo a tutte le cose che mi aveva detto, come per esempio il fatto che per fare il suo lavoro non poteva avere legami che la trattenessero. Io le avevo chiesto se si sentiva sola, ma lei mi aveva risposto di no, perchè trovava la sua famiglia nelle persone che incontrava viaggiando.
Era davvero una persona fantastica. La viaggiatrice perfetta. Spero di rincontrarla un giorno!

PS: Purtroppo non ho foto, non erano ancora in uso gli smartphone come ora e quelle poche foto che mi aveva dato Lily non sono riuscita a recuperarle dal mio vecchio pc, caduto decorosamente in battaglia. Mi dispiace.

Vorrei sempre essere altrove, dove non sono, nel luogo dal quale sono or ora fuggito. Solo nel tragitto tra il luogo che ho appena lasciato e quello dove sto andando io sono felice. (cit. Thomas Bernhard)